Che il bullismo nelle scuole sia un problema ovunque, è cosa risaputa. Non stupisce più che se ne parli, ma forse accade più di rado che l’argomento diventi asse portante, ai limiti della monomania, di un intero drama.
Tratto dal webtoon “Weak Hero” di SeoPass e Kim Jin Seok, di cui sarebbe una specie di prequel, questo drama in 8 episodi da 40 minuti ciascuno è un concentrato di violenze brutali, che può essere guardato su diversi livelli.
In estrema sintesi, possiamo dire che Yeon Shi Eun, uno studente modello minuto e apparentemente poco atletico, si trova a battersi contro compagni prepotenti e piccoli delinquenti con astuzia, intelligenza e uso di armi non convenzionali (da ora in poi, in casa mia solo biro statiche, quelle a punta retrattile sono bandite). Apparentemente apatico e dedito completamente allo studio, si apre però con Soo Ho, un ragazzone abile combattente, e con Beom Seok, anche lui vittima di bullismo e di un padre potente e abusivo. Le iniziali vittorie, però, saranno vanificate da piccoli screzi all’interno del gruppo che, gonfiati al di là di ogni proporzione, finiranno per sfociare in tragedia.
Quello che ci viene presentato, fin da subito, è un ambiente scolastico malsano, dove una piccola cricca di prepotenti si fa branco per divertimento, per sfogare le proprie frustrazioni, per delirio di onnipotenza o, semplicemente, per invidia: il capobranco che ottiene il terzo premio in matematica vuole farla pagare al protagonista, Shi Eun, che è arrivato primo. Costui si aggira con occhi spenti e faccia apatica, chiuso nella sua bolla di studio e auricolari ma, dopo aver richiesto invano di essere lasciato in pace, se attaccato reagirà con violenza e astuzia, usando le nozioni imparate, la psicologia, e ogni mezzo a portata di mano. Il bullo costringe Beom Seok a drogare Shi Eun per fargli sbagliare un esame, ma le cose non vanno proprio come previsto. Così il capobranco, frustrato e umiliato, mette in mezzo un cugino semi-delinquente coi muscoli, ma anche Shi Eun si appella all’atletico Soo Ho, e allora si intromette un piccolo malvivente di quartiere, e poi…
Da un sassolino è nata una frana rovinosa che rischia di trascinare tutto con sé. In questa lotta dei ragazzi contro altri ragazzi e contro un piccolo capoccione, la polizia ha inizialmente poca importanza: già stupisce che intervenga quando chiamata, però poi, almeno in principio, non può procedere per mancanza di prove e i ragazzi, ancora una volta, sono lasciati a cavarsela da soli fin quasi alla fine.
L’assenza o lo scarso aiuto degli adulti sono un tema ricorrente. Parte dei combattimenti avviene a scuola, ma non c’è mai un insegnante in classe o, se c’è, non si intromette, addirittura esce, e ci si aspetta che torni coi rinforzi ma… no. Intanto, mentre si consumano scontri feroci, i compagni si accalcano alle pareti senza intervenire in alcun modo. E ogni tanto qualcuno va all’ospedale ma, per vari plausibili motivi, nessuno finisce mai nei guai con la giustizia.
Ma quando poi i nostri tornano malconci a casa, cosa trovano? Shi Eun ha una madre assente che fa l’insegnante e che vede praticamente solo nelle lezioni online e un padre a cui pare interessi solo sapere che arriva primo nelle gare scolastiche. Soo Ho vive con la nonna e lavora duro per mantenersi, tanto che di giorno dorme in classe. Beom Seok ha un padre adottivo che lo picchia e lo bastona con una mazza a golf, oltre ai vecchi compagni di scuola che non aspettano altro che di riempirlo ancora di botte. Molti ragazzini vengono sfruttati da un piccolo delinquente, che prima li irretisce con un giro di scommesse truccate e poi li sfrutta. Le situazioni descritte sono di disagio anche pesante e raccontano di giovani vite che non sembrano avere un posto per tirare il fiato. Lo spettatore ansima con loro.
In questo girone infernale, che dà sì l’impressione di essere un po’ esagerato, ma per certi versi forse neanche troppo, il vissuto dei vari personaggi, le motivazioni che li spingono, le molle neanche tanto nascoste che li fanno scattare, tutto è sciorinato davanti ai nostri occhi senza maschere e senza veli, in tutta la sua bruttura.
Weak hero Shi Eun non è debole. Non è neppure un eroe. Non sarebbe neppure particolarmente violento. E’ solo un ragazzo che avrebbe voluto a continuare a rimanere isolato a studiare, chiuso nella sua apatica bolla di auricolari e libri, e che più volte ha chiesto agli aguzzini di smettere. Inutilmente. Guardati dall’ira della persona paziente... Tanto più appaiono spenti gli occhi di Shi Eun in principio, quanto più energico e squilibrato appare alla fine quando, in un crescendo di disagio, ripicche, rivalità, vendette, agguati, violenze sempre più selvagge, si consuma una tragedia annunciata.
Fermati. Questa esortazione, più volte pronunciata da diversi personaggi, è sempre caduta su orecchie sorde. Soo Ho, il ragazzone ex lottatore, saggio e di buon cuore, non avrebbe certo voluto combattere fino alla fine. Lo stesso Beom Seok, talmente vittimizzato in ogni circostanza da non riuscire nemmeno più a riconoscere gli amici dai nemici, sicuramente avrebbe preferito vivere una vita più tranquilla. L’unico ragazzo che davvero non si può comprendere e perdonare è Jeon Young Bin, il capobranco che perpetua la spirale di violenze sempre più terribili perché non riesce ad accettare di essere, ogni volta, sconfitto.
Ma sarebbe sbagliato addossare a lui tutta la colpa. I genitori che non lo puniscono a dovere nemmeno dopo che è stato beccato con una droga pericolosissima e mettono tutto a tacere, non hanno colpe? Il potente padre adottivo di Beom Seok, che lo umilia e lo pesta continuamente, è innocente? I genitori assenti o troppo impegnati per curarsi della quotidianità dei figli sono incolpevoli? L’intero sistema scolastico che non sorveglia e che, salvo rari casi, gira la faccia dall’altra parte, accontentandosi di un rispetto di facciata e di un riscontro numerico per catalogare i ragazzi, è esente dal peccato?
Pur nella sua esagerazione, l’intera vicenda può essere interpretata come un urlo di denuncia non solo contro la violenza e il bullismo ma, e soprattutto, verso l’assenza, se non la connivenza, degli adulti che tali comportamenti dovrebbero reprimere e scoraggiare.
Resta da parlare degli attori. Ebbene, uno dei motivi per cui Weak Hero Class 1 è così sconvolgente, è proprio la performance degli attori, che non sembrano nemmeno recitare. L’atmosfera è spietata, la tensione continua, i visi, gli occhi, i gesti, le posture: tutto sembra vero. Le spalle e i personaggi secondari hanno recitato ad un buon livello e Park Ji Hoon, nell’interpretare il protagonista, ha fatto un lavoro magistrale, ma anche il Soo Ho di Choi Hyun Wook e il Beom Seok, interpretato da Hong Kyung, tengono agevolmente il passo. Le interazioni fra questi tre personaggi sono molto ben sviluppate e la crescita dell’amicizia fra Shi Eun e Soo Ho viene ben esplorata. Un commento musicale più che adeguato, con l’opening [i]Hero[/i] di Meego a fare da apripista a un’esplosione di emozioni, e una cinematografia sapiente, completano l’opera di demolizione che questo drama farà della vostra tranquillità.
Per quanto mi riguarda, ne vale la pena.
Tratto dal webtoon “Weak Hero” di SeoPass e Kim Jin Seok, di cui sarebbe una specie di prequel, questo drama in 8 episodi da 40 minuti ciascuno è un concentrato di violenze brutali, che può essere guardato su diversi livelli.
In estrema sintesi, possiamo dire che Yeon Shi Eun, uno studente modello minuto e apparentemente poco atletico, si trova a battersi contro compagni prepotenti e piccoli delinquenti con astuzia, intelligenza e uso di armi non convenzionali (da ora in poi, in casa mia solo biro statiche, quelle a punta retrattile sono bandite). Apparentemente apatico e dedito completamente allo studio, si apre però con Soo Ho, un ragazzone abile combattente, e con Beom Seok, anche lui vittima di bullismo e di un padre potente e abusivo. Le iniziali vittorie, però, saranno vanificate da piccoli screzi all’interno del gruppo che, gonfiati al di là di ogni proporzione, finiranno per sfociare in tragedia.
Quello che ci viene presentato, fin da subito, è un ambiente scolastico malsano, dove una piccola cricca di prepotenti si fa branco per divertimento, per sfogare le proprie frustrazioni, per delirio di onnipotenza o, semplicemente, per invidia: il capobranco che ottiene il terzo premio in matematica vuole farla pagare al protagonista, Shi Eun, che è arrivato primo. Costui si aggira con occhi spenti e faccia apatica, chiuso nella sua bolla di studio e auricolari ma, dopo aver richiesto invano di essere lasciato in pace, se attaccato reagirà con violenza e astuzia, usando le nozioni imparate, la psicologia, e ogni mezzo a portata di mano. Il bullo costringe Beom Seok a drogare Shi Eun per fargli sbagliare un esame, ma le cose non vanno proprio come previsto. Così il capobranco, frustrato e umiliato, mette in mezzo un cugino semi-delinquente coi muscoli, ma anche Shi Eun si appella all’atletico Soo Ho, e allora si intromette un piccolo malvivente di quartiere, e poi…
Da un sassolino è nata una frana rovinosa che rischia di trascinare tutto con sé. In questa lotta dei ragazzi contro altri ragazzi e contro un piccolo capoccione, la polizia ha inizialmente poca importanza: già stupisce che intervenga quando chiamata, però poi, almeno in principio, non può procedere per mancanza di prove e i ragazzi, ancora una volta, sono lasciati a cavarsela da soli fin quasi alla fine.
L’assenza o lo scarso aiuto degli adulti sono un tema ricorrente. Parte dei combattimenti avviene a scuola, ma non c’è mai un insegnante in classe o, se c’è, non si intromette, addirittura esce, e ci si aspetta che torni coi rinforzi ma… no. Intanto, mentre si consumano scontri feroci, i compagni si accalcano alle pareti senza intervenire in alcun modo. E ogni tanto qualcuno va all’ospedale ma, per vari plausibili motivi, nessuno finisce mai nei guai con la giustizia.
Ma quando poi i nostri tornano malconci a casa, cosa trovano? Shi Eun ha una madre assente che fa l’insegnante e che vede praticamente solo nelle lezioni online e un padre a cui pare interessi solo sapere che arriva primo nelle gare scolastiche. Soo Ho vive con la nonna e lavora duro per mantenersi, tanto che di giorno dorme in classe. Beom Seok ha un padre adottivo che lo picchia e lo bastona con una mazza a golf, oltre ai vecchi compagni di scuola che non aspettano altro che di riempirlo ancora di botte. Molti ragazzini vengono sfruttati da un piccolo delinquente, che prima li irretisce con un giro di scommesse truccate e poi li sfrutta. Le situazioni descritte sono di disagio anche pesante e raccontano di giovani vite che non sembrano avere un posto per tirare il fiato. Lo spettatore ansima con loro.
In questo girone infernale, che dà sì l’impressione di essere un po’ esagerato, ma per certi versi forse neanche troppo, il vissuto dei vari personaggi, le motivazioni che li spingono, le molle neanche tanto nascoste che li fanno scattare, tutto è sciorinato davanti ai nostri occhi senza maschere e senza veli, in tutta la sua bruttura.
Weak hero Shi Eun non è debole. Non è neppure un eroe. Non sarebbe neppure particolarmente violento. E’ solo un ragazzo che avrebbe voluto a continuare a rimanere isolato a studiare, chiuso nella sua apatica bolla di auricolari e libri, e che più volte ha chiesto agli aguzzini di smettere. Inutilmente. Guardati dall’ira della persona paziente... Tanto più appaiono spenti gli occhi di Shi Eun in principio, quanto più energico e squilibrato appare alla fine quando, in un crescendo di disagio, ripicche, rivalità, vendette, agguati, violenze sempre più selvagge, si consuma una tragedia annunciata.
Fermati. Questa esortazione, più volte pronunciata da diversi personaggi, è sempre caduta su orecchie sorde. Soo Ho, il ragazzone ex lottatore, saggio e di buon cuore, non avrebbe certo voluto combattere fino alla fine. Lo stesso Beom Seok, talmente vittimizzato in ogni circostanza da non riuscire nemmeno più a riconoscere gli amici dai nemici, sicuramente avrebbe preferito vivere una vita più tranquilla. L’unico ragazzo che davvero non si può comprendere e perdonare è Jeon Young Bin, il capobranco che perpetua la spirale di violenze sempre più terribili perché non riesce ad accettare di essere, ogni volta, sconfitto.
Ma sarebbe sbagliato addossare a lui tutta la colpa. I genitori che non lo puniscono a dovere nemmeno dopo che è stato beccato con una droga pericolosissima e mettono tutto a tacere, non hanno colpe? Il potente padre adottivo di Beom Seok, che lo umilia e lo pesta continuamente, è innocente? I genitori assenti o troppo impegnati per curarsi della quotidianità dei figli sono incolpevoli? L’intero sistema scolastico che non sorveglia e che, salvo rari casi, gira la faccia dall’altra parte, accontentandosi di un rispetto di facciata e di un riscontro numerico per catalogare i ragazzi, è esente dal peccato?
Pur nella sua esagerazione, l’intera vicenda può essere interpretata come un urlo di denuncia non solo contro la violenza e il bullismo ma, e soprattutto, verso l’assenza, se non la connivenza, degli adulti che tali comportamenti dovrebbero reprimere e scoraggiare.
Resta da parlare degli attori. Ebbene, uno dei motivi per cui Weak Hero Class 1 è così sconvolgente, è proprio la performance degli attori, che non sembrano nemmeno recitare. L’atmosfera è spietata, la tensione continua, i visi, gli occhi, i gesti, le posture: tutto sembra vero. Le spalle e i personaggi secondari hanno recitato ad un buon livello e Park Ji Hoon, nell’interpretare il protagonista, ha fatto un lavoro magistrale, ma anche il Soo Ho di Choi Hyun Wook e il Beom Seok, interpretato da Hong Kyung, tengono agevolmente il passo. Le interazioni fra questi tre personaggi sono molto ben sviluppate e la crescita dell’amicizia fra Shi Eun e Soo Ho viene ben esplorata. Un commento musicale più che adeguato, con l’opening [i]Hero[/i] di Meego a fare da apripista a un’esplosione di emozioni, e una cinematografia sapiente, completano l’opera di demolizione che questo drama farà della vostra tranquillità.
Per quanto mi riguarda, ne vale la pena.
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